Incontro “Ferite a morte: un invito alla Consapevolezza e al cambiamento” 

Savona, venerdì 29 novembre 2024, a partire dalle 16:30, in occasione della “Giornata  Internazionale contro la Violenza contro le Donne”, l'associazione USEI APS (Unione di Solidarietà  degli Ecuadoriani in Italia – APS), in collaborazione con ANPI sezione M. Rossello di Legino e la  società F. Leginese, invita tutti i cittadini all'incontro: 

"Ferite a morte: un invito alla Consapevolezza e al cambiamento” 

L'incontro, che si terrà presso la sede operativa di USEI APS (via Lorenzo Giacchero snc e Corso  Colombo), offrirà un momento di profonda riflessione sulla violenza in tutte le sue forme. 

Anna Traverso, redattrice di "AUSERSAVONANOTIZIE", ci guiderà nella lettura di alcuni passaggi  tratti dal libro "Ferite a morte" di Serena Dandini e Maura Misiti. Un'occasione per comprendere  come la violenza, spesso celata, permei molti aspetti della nostra quotidianità. 

Un tocco di musica dall'Ecuador 

Direttamente dall'Ecuador, in collegamento streaming, Patricio López, secondo classificato nella  categoria +59 al Festival di Sanremo Senior 2024, ci delizierà con una performance musicale. 

Aperitivo e riflessione 

Al termine dell'incontro, sarà offerto un aperitivo per favorire il dibattito e lo scambio di idee tra i  partecipanti. 

Perché partecipare? 

Per riflettere: La violenza di genere è solo una delle tante facce di un problema più ampio. Per confrontarsi: Partecipare a un dibattito aperto e costruttivo. 

Per sostenere: Dare il proprio contributo alla lotta contro ogni forma di violenza. Non mancare! 

I nostri servizi

Nei nostri sportelli si offrono i seguenti servizi ai cittadini stranieri e non:

• Mediazione Interculturale
• Ascolto accurato delle problematiche presentate dagli stranieri in ambito lavorativo
• Incontro mediato tra domanda e offerta di lavoro e casa
• Consulenze sui temi dell’immigrazione (rilascio, rinnovo, aggiornamento, conversione del Permesso di Soggiorno, ricongiungimenti familiari, richieste di cittadinanza italiana, ecc)
• Consulenze legali e Counseling
• Richiesta appuntamenti ai vari Consolati ed Ambasciate
• Orientamento verso tutti i servizi pubblici del territorio, nonché verso enti del privato sociale
• Aiuto nella comprensione e compilazione di stampati e moduli di difficile lettura alla popolazione straniera
• Informazioni su conversioni ed equipollenze dei titoli di studio conseguiti nel paese d’origine
• Accompagnamento degli utenti presso uffici pubblici in casi particolari (in particolare Settore Immigrazione)
• Traduzioni giurate spagnolo-italiano-spagnolo
• Riferimento territoriale e Counseling iniziale per il Ritorno Volontario Assistito in collaborazione con l'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni)
• Segnalazioni di conflitti alla rete anti discriminazione
• Consulenza ed orientamento degli obblighi fiscali

Bice, rappresentante donne Palestinesi  in Italia:
“Le donne palestinesi hanno un ruolo importante nella lotta contro la politica espansiva e le occupazioni di Israele, poiché presidiano e proteggono il “focolare” e quindi la loro terra.  Si tratta di un ruolo passivo, ma la negazione dei diritti di un popolo fa della conservazione della tradizione una delle forme più efficaci di coesione sociale  e  dà forza  alla resistenza contro l’oppressore. La cura dei bambini è affidata a loro, ma i maschi quando crescono fanno scelte autonome, che possono essere condivise, ma in cui le donne non hanno alcuna possibilità d’intervento.  Infatti la società palestinese è, come tutte le società, di tradizione patriarcale   e questi anni di lotta non hanno portato ad alcuna forma, se pur minima di emancipazione della donna, anzi hanno accentuato il loro ruolo subalterno, anche per la presenza sempre più invasiva del fondamentalismo islamico e il controllo di Hamas nella striscia di Gaza. Ne è un esempio la sempre maggior diffusione   dell’uso del velo rispetto al passato, soprattutto a Gaza.”

 

Parisa. giovane iraniana:
“Le donne iraniane,  anzi  le giovani e i  giovani iraniani  non fermeranno la loro protesta , anche se in questo momento essa  sembra attenuarsi,  in realtà assume altre forme. Non si fermerà perché la generazione di oggi è consapevole, attraverso i i media e i social come vivono i giovani altri Paesi, liberi di scegliere come vestirsi, cosa leggere, quale musica ascoltare, quali luoghi frequentare, liberi di incontrarsi, di studiare, di ballare, cantare, lavorare insieme femmine e maschi. Non vogliono più vivere in un regime dittatoriale e teocratico, dove è reato far intravvedere una ciocca di capelli che sfugge dal velo e per questo venire punite con la morte; dove è reato manifestare pacificamente il dissenso e per questo essere imprigionati, torturati, violati, stuprati in nome della “volontà di dio”.  E in questi mesi, molti giovani uomini sono stati accanto alle donne a rivendicare i loro diritti e hanno pagato con il carcere, le torture, le violenze sessuali, con mesi di isolamento senza che le famiglie sapessero nulla di loro, con la pena di morte alcuni di  coloro che   sono  sfuggiti alle esecuzioni, dopo queste terribili esperienze, si sono suicidati. Anche il fratello di Parisa è stato arrestato e per settimane la famiglia ha temuto per la sua vita; per fortuna è stato poi liberato, ma i giorni in completo isolamento sono stati terribili: ha raccontato che cercava spasmodicamente una presenza di vita, la più insignificante – un moscerino, una zanzara – a cui rivolgere la parola per non impazzire.


Le famiglie temono per i loro figli, ma sono solidali con loro. Ricordano ancora l’epoca dello Scià durante la quale c’era la libertà di indossare il velo oppure no, la libertà di muoversi, di leggere, di ascoltare ogni tipo di musica, le scuole miste. Ricordano i movimenti di opposizione e di resistenza    che volevano rovesciare il regime monarchico per fondare una Repubblica democratica.  Ricordano che con la Rivoluzione del 1979 ha prevalso l’autorità religiosa degli Ayatollah e con la loro vittoria tutti gli altri oppositori sono stati perseguitati, incarcerati, condannati a morte. Ma la generazione che ha vissuto questo passaggio non accetta più tutto questo e così i loro figli e i nipoti.  La durezza della repressione ha prodotto, come nella dittatura staliniana, autodichiarazioni pubbliche di colpevolezza e di pentimento (inizialmente i “pentiti” presentavano evidenti segni di maltrattamenti che ne dimostravano la coercizione) e in queste ultime settimane le proteste sono meno clamorose, ma continuano e non solo nelle grandi città. Noi siamo convinte/i che il regime teocratico finirà e vinceranno i giovani.”

 

Maria, giovane ucraina in fuga dalla guerra:
“I milioni di Ucraini in fuga dalla guerra, per il 99% donne e bambini, desiderano ritornare nel loro Paese e lo faranno non appena sarà terminato il conflitto.  Gli uomini mobilitati non hanno potuto andarsene e quindi c’è il desiderio di ricongiungimento. Molti, soprattutto anziani, hanno preferito rimanere nelle loro case, rischiare anche la morte sotto i bombardamenti. I suoi stessi genitori non hanno voluto andarsene.  È necessario trovare le vie diplomatiche per far finire questo conflitto.

Yobana, donna peruviana  (da 19 anni in Italia., il suo legame con il Paese d’origine è sempre forte)
“Le politiche neoliberiste sono state la peggiore sciagura, causa delle enormi disuguaglianze che affliggono il Perù, così ricco di materie prime.   Il peggio è iniziato con Fuijmori, un giapponese che nulla aveva a che fare con il Perù, eletto presidente nel 1990 (per 10 anni). Durante i suoi mandati, complici gli Stati Uniti, sono stati stipulati contratti con le multinazionali per lo sfruttamento delle ricchezze del Perù con la conseguenza di affamare il popolo. Oggi il  colpo di stato, contro un  Presidente votato democraticamente , ha provocato  manifestazioni   soprattutto nella  regione di Puno più ricca di materie prime  (oro, litio …) , ma con la popolazione più povera.  che ha sostenuto Castillo.  Nella repressione sono morti anche donne e bambini.  Questa tragedia non ha avuto molto solidarietà internazionale, solo dopo settimane dall’inizio, la visita di alcuni deputati argentini ha prodotto la conoscenza e la solidarietà di alcuni Paesi sudamericani. “

 

Alla domanda “E se la guerra fosse donna?”

- Le donne sono abituate da sempre nella loro quotidianità ad affrontare conflitti, contrasti, punti di vista diversi …e quindi, forse, se avessero il potere, troverebbero strade diverse da quelle che richiedono le armi e quindi la guerra.   
- La prospettiva potrebbe essere quella di risolvere le controversie in modo pacifico, ma  per ora le donne al potere  esercitano il loro ruolo  secondo i canoni del maschilismo (es. Meloni  o anche Von der Leyen … )
- Dipende dal percorso e dalle esperienze che  le donne hanno fatto e condiviso con altre donne per i diritti e la dignità di tutte,    solo così si può arrivare a una prospettiva e a una visione della vita profondamente nuova dove la guerra non abbia più spazio e ragione di essere

 

Irma De Mattei, coordinatrice della consulta femminile di ANPI